Prendo spunto da un post di Giovanna Cosenza e da uno di Loredana Lipperini.
La Piazza con la P maiuscola è quell'entità che da sempre dovrebbe portare attraverso una sollevazione popolare al cambiamento.
Usata e abusata è divenuta il fine e non più il mezzo, cancellata mediaticamente in tutti i casi in cui non è stramba o con numeri che non possono essere ignorati e per rimediare gli organizzatori gonfiano ogni oltre limite, sparando cifre improbabili o provano a fare notizia in altro modo. Manifestazioni importanti, ma dai numeri non gonfiati, vengono così oscurate anche sui giornali presunti di "sinistra" (vedi le manifestazioni del movimento per la casa romano, raccontata su internet dal solo Lorenzo Cairoli e ignorate, ma più motivi da tv, stampa nazionale e locale, anche da quella considerata di "sinistra").
A inizio anni 2000, da Genova in avanti i movimenti avevano saputo andare oltre la piazza, usare le rete, nascevano i network di Indymedia, venivano scambiate riflessioni, progetti, appuntamenti, venivano connesse esperienze, sui forum i dibattiti erano accesi, le mailing list producevano analisi e confronto.
Per poter ritrovare qualcosa di simile a quello che accadde in quei mesi bisogna arrivare al movimento dell'Onda (qua ne scrivevo a novembre) dello scorso autunno, con la sua scoperto dei social network, con lo scoprire come relazioni virtuali si possano tradurre nella realtà e riempire le piazze e le assemblee.
Oggi stiamo assistendo ad un fenomeno simile con la nascita dei tanti micropride spontanei di questi giorni(e bravo zambardino a parlarne).
In tutto questo quelli che fanno la figura degli assenti sono i soggetti organizzati. Spiazzati completamente da quello che la rete ha messo a disposizione, non riescono ancora a capire come interfacciarsi ed usare i nuovi strumenti, da affiancare all'organizzazione "reale" per poter incidere nella società, per ricostruire un immaginario, un alfabeto simbolico andato in frantumi sotto i colpi dell'egemonia culturale berlusconiana.
Sempre più debole, tutta la sinistra ha un compito, che non è quello di sconfiggere elettoralmente Berlusconi (che sarebbe sicuramente più semplice), ma quello di riuscire a ricreare un immaginario tale che possa competere per l'egemonia culturale in Italia, che si dimostri alternativo a quello vincente degli ultimi 20 anni.