(foto di: Esther Gibbons)
Il bar era vuoto, solo la barista carina e quel vecchietto che gobbo sul tavolo nell'angolo stava sorseggiando un bianchino provando a fare un castello di carte. Alla stazione lì vicino doveva arrivare l'ultimo treno della giornata, quello dei pendolari. Il mazzo accanto al bicchiere, due carte per volta, lentamente, lentamente. Fare un castello di carte richiede pazienza e attenzione, se le carte sono troppo nuove scivolano sul piano lucido del tavolo. Devi stare attento anche al tuo respiro e alle dita, se ti muovi troppo velocemente per arrivare a stringere il bicchiere lì accanto puoi far cadere tutto.
La barista finisce di sistemare i bicchieri appena lavati, sul tavolo le carte hanno preso forma e adesso c'è un castello, di quelli con quattro file di carte, grande. Adesso c'è solo da aspettare: una porta che si apre, un refolo dalla finestra, la mano che sbatte sul tavolo; quel castello è destinato a cadere. Nel frattempo c'è solo da godersi il momento, forse è proprio questo il bello di un castello di carte, aspettare che cada per raccogliere le carte, rimetterle insieme e ricostruirlo di nuovo, mischiando tutto.
A me sembra più un lavoro inutile, da Sisifo.