Tag: migranti

  • Giorno della memoria

    Belgrado, 2017. Una fila di rifugiati in attesa del cibo. Foto di Santi Palacios

    “È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire.”

    Primo Levi.

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  • “Cosa si proverà a sentirsi rifiutati dal mondo?”*

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    «Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

    (Matteo 25, 34-46)

    *il titolo è un commento apparso in un social network minore

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  • Turisti e vagabondi

     Progressivamente i visti d’ingresso vengono aboliti in tutto il mondo; ma non il controllo dei passaporti. Quest’ultimo è sempre necessario – forse come non mai prima – per mettere ordine nella confusione che l’abolizione dei visti può aver creato; per separare coloro per la cui convenienza e facilità di viaggiare i visti sono stati aboliti, da coloro che dovrebbero starsene fermi, che non hanno diritto di viaggiare. Abolizione dei visti di ingresso e maggiore rigidità dei controlli all’immigrazione, nella loro miscela, hanno un profondo significato simbolico. Potrebbero essere considerati una metafora della nuova, emergente stratificazione, e mettere in luce il fatto che ora «l’accesso alla mobilità globale» stia al primo posto tra i fattori di tale stratificazione. E questa miscela mette in luce anche la dimensione globale dei privilegi e delle privazioni, per locali che siano. Alcuni di noi godono della nuova libertà di movimento sans papiers. Altri non possono starsene dove vorrebbero per la stessa ragione. […]

    […] Per gli abitanti del primo mondo i confini statali sono aperti, e sono smantellati per le merci, i capitali, la finanza. Per gli abitanti del secondo mondo, i muri rappresentati dai controlli all’immigrazione, dalle leggi sulla residenza, dalle «strade pulite» e dalla «nessuna tolleranza» dell’ordine pubblico, si fanno più spessi; si fanno più profondi i fossati che li separano dai luoghi dove aspirerebbero ad andare e dai sogni di redenzione, mentre tutti i ponti, appena provano ad attraversarli, si dimostrano ponti levatoi. I primi viaggiano quando vogliono, dal viaggio traggono piacere, sono indotti a viaggiare o vengono pagati per farlo e, quando lo fanno sono accolti col sorriso del benvenuto e a braccia aperte. I secondi viaggiano da clandestini, spesso illegalmente. Accade ancora che paghino per l’affollata stiva di barche puzzolenti e rabberciate più di quanto gli altri non paghino per il lusso dorato della «classe affari». Ciononostante, li si guarda con disprezzo e, se la fortuna non li assiste, vengono arrestati e immediatamente deportati al primo arrivo.

    Z. Bauman, Dentro la globalizzazione le conseguenze sulle persone, 1999, Laterza, pp. 97-99.

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