Un gruppo di studentesse di medicina in camice e con i capelli raccolti fumano una sigaretta nel cortile, il vento fa muovere i rami degli alberi.
Trattengo il fiato, apro la porta e a passo svelto inizio a cercare l'ambulatorio, dice che devo seguire la linea blu.
Davanti all'ambulatorio, stanza 19, ci sono 5 sedie scomode e un attaccapanni, la striscia blu prosegue dritta fino a una porta, ogni tanto qualche barella spinta da volontari in tute catarifrangenti.
Non avrei mai potuto fare medicina, non riesco a starci dentro un ospedale, anche se sono in visita, anche se sono lì per una cosa normale, niente, mi ci sento piccolo, schiacciato dal peso di questi palazzi giganteschi e caotici.
Non avrei mai potuto fare medicina, non riesco a starci dentro un ospedale, anche se sono in visita, anche se sono lì per una cosa normale, niente, mi ci sento piccolo, schiacciato dal peso di questi palazzi giganteschi e caotici.
Io voglio solo continuare a seguire la linea blu, che laggiù poi c'è l'uscita e fuori il sole e il caldo, il vento che muove le foglie e le studentesse senza camice e con i capelli sciolti.